Campionato 1988-89: altra rivoluzione dopo il 3°posto del '88

La panca scotta

Viola in febbraio esonera Liedholm e gli chiede...consiglio: chi può essere il tuo successore? Il Barone suggerisce Picchio De Sisti che però rinuncia essendo allenatore federale.
Così in panchina va Spinosi. Che decide di abolire la "zona"

La Roma nuova di zecca non deluse. Liedholm ritrovò vecchi compagni d'avventura cui sapeva lisciare il pelo, e nuovi volti che però avevano i segni di tante esperienze vissute, e con i quali non gli fu difficile stabilire un rapporto immediato e proficuo, compreso Lionello Manfredonia, che smaniava dalla voglia di rivincita sulle schiere dei tifosi in rivolta: e infatti sarebbe riuscito presto a sottometterli. La Roma nelle partite casalinghe ebbe lo stesso rendimento del Milan di Sacchi, che vinse il campionato: dieci vittorie, tre pareggi e due sconfitte. In trasferta ottenne invece qualche successo in meno, e si piazzò terza, dietro il Napoli. La Roma non era mai arrivata ad intromettersi nella lotta per lo scudetto, però quel terzo posto prometteva molto. Particolare attenzione meritano, in questo quadro, i confronti diretti con le due vedette: la Roma aveva strappato tre punti su quattro al Napoli, andando addirittura a vincere al San Paolo, mentre con il Milan c'erano stati tempestosi contatti e ruvide polemiche; a San Siro, un petardo aveva sfiorato Tancredi ed era scoppiato ai suoi piedi: il portiere era svenuto e Luciano Spinosi gli era stato praticato un massaggio cardiaco, poi Tancredi era stato trasportato in ospedale. La Roma aveva ottenuto un 2-0 a tavolino sacrosanto, ma accompagnato da lividi risentimenti milanisti. «E nun ce vonno 'sta», perchè i fatti erano chiarissimi, e anche le responsabilità. E la Coppa Italia, una vigna nella quale la Roma aveva sempre e abbondantemente raccolto? Erano state vendemmie povere, negli ultimi due anni, perchè la Roma era stata sempre eliminata negli «Ottavi»: una volta ('86/87) dal Bologna, l'altra dall'Empoli. Stessa sorte la Roma aveva subìto in campo europeo: contro il Saragozza ('86/87, Coppa delle Coppe, sedicesimi di finale) le erano stati fatali ancora una volta i rigori. Quel terzo posto in campionato, era adesso un venticello nuovo che spirava?
No, era un venticello ruffiano e ingannatore, perchè lunedì 20 febbraio 1989 fu, per la Roma, un giorno percorso da brividi convulsivi. La Roma cercava un allenatore, e lo cercava subito, nel giro di ventiquattr'ore: lo aveva cercato anche durante tutta la notte. Ma cos'era successo, da che parte era arrivato l'uragano che aveva tutto squassato? L'uragano aveva un nome preciso ed esotico, sembrava il verso di una canzone: Tita Queiroz de Paixao Milton. Era un brasiliano di trent'anni che giocava nel Pescara: non era mai stato famoso ma lo era diventato da un giorno, dal pomeriggio di domenica 19 febbraio '89, quando Tita, con il suo Pescara, era venuto all'Olimpico e aveva segnato tre reti. Tre gol che avevano, appunto, squassato tutto l'ambiente giallorosso. La Roma non vinceva dal 31 dicembre '88, quando aveva battuto il Napoli, e nel frattempo aveva perso il derby con la Lazio, finalmente (e faticosamente) tornata in serieA. Un derby che aveva restituito il sorriso a un tormentato ragazzo di borgata, Paolo Di Canio. La Roma, dunque, aveva sperato di riprendere quota contro il Pescara, ed era stata invece umiliata. La crisi era esplosa subito, negli spogliatoi. Dino Viola, anche lui!, aveva parlato di congiura, anzi di ammutinamento. Poi il presidente si era concesso una pausa di riflessione, dalla quale era scaturito un solo proposito: rispettare comunque la dignità di Nils Liedholm, discutendo con lui, se possibile, la soluzione della crisi. Così, dopo la notte agitata, Viola aveva chiamato proprio il Barone, ed era cominciata una scena quasi surreale, perchè Viola chiedeva consiglio, come ad un prezioso amico fidato, al tecnico che stava per licenziare. Un paradosso? Forse, ma non per Viola che spesso aveva una logica contorta e insinuante: era uno dei suoi punti di forza. Cosa poteva rispondere Liedholm, se non che lui era tranquillo, deciso a lottare, e quindi a restare se fosse stato possibile? Nils ricordò al presidente le sue procellose navigazioni sempre concluse, però, con fortunati approdi: quindi, lui Nils Liedholm non si sarebbe mai arreso. Viola chiese qualche ora di tempo, si sarebbero risentiti.

Trigoria assediata

Trigoria era intanto un fortino assediato. Nel fortino si muoveva cauto, silente e quasi invisibile, Luciano Spinosi candidato privilegiato alla successione di Liedholm. Per lui, allenatore della Primavera, sarebbe stata «una tombola», come si diceva dalle sue antiche parti, verso il Villaggio Breda. Composto per natura, risoluto ma riflessivo, Luciano disse: «Ho soltanto tre anni di esperienza alle mie spalle. Conosco bene l'ambiente, può bastare? non lo so. La squadra sembra aver paura, ma è solo un'impressione». Spinosi aveva parlato come un vecchio saggio: almeno su questo piano, sembrava non avere niente da invidiare a Liedholm. Chiamò i suoi ragazzi e ricominciò a lavorare. L'atmosfera surreale raggiunse il momento di massima intensità quando Viola decise di richiamare Liedholm: era quasi mezzogiorno. E al suo prezioso consigliere Liedholm, il presidente confidò che aveva deciso di esonerare l'allenatore Liedholm. A Liedholm consigliere Viola chiese, appunto, consiglio. E Liedholm, allenatore esonerato ma consigliere in carica, suggerì Picchio De Sisti.

Picchio rinuncia

Il quale De Sisti era però irreperibile. Legato alla F.I.G.C. come responsabile della Nazionale Juniores, Picchio era andato quella domenica a vedere alcuni giovani elementi impegnati in Inter-Ascoli. La Roma, in attesa di stabilire contatti, ritenne opportuno sentire la Federcalcio, la quale precisò: De Sisti è legato con noi fino a giugno. E'liberissimo di andare alla Roma, ma non in prestito: cioè, qui non torna. Intanto cadeva una pioggia fitta di ipotesi: da Castagner a Rocca a Falcao a Benetti, in molti allenarono idealmente la Roma, quel giorno. Quando Viola riuscì finalmente a parlare con De Sisti, Giancarlo fu irremovibile: certo, allenare la Roma era sempre stato il suo sogno, che però non doveva trasformarsi in un incubo. Come poteva accettare il contratto di pochi mesi che la Roma gli proponeva? lui voleva alcune garanzie, non poteva stravolgere la sua vita buttandosi a capofitto in una crisi gravissima. Quindi, era questo il programma di De Sisti: salvare la Roma, riaggiustare tutto e ripartire. Insomma, un contratto pluriennale. Qualcuno poteva dare torto a Picchio? Viola però, dal canto suo, non voleva impegnarsi. Meditava un'altra rivoluzione, aveva appena ingaggiato il nuovo direttore sportivo, Emiliano Mascetti, voleva tempo e libertà per riformulare tutti i programmi. Ringraziò De Sisti e decise: l'allenatore della Roma sarebbe stato Luciano Spinosi. La prima sortita del composto Luciano Spinosi, il giovane-vecchio-saggio nuovo allenatore della Roma, fu sconvolgente: il suo primo pensiero sarebbe stato quello di abolire la «zona». Disse testualmente: «lo sono amante della zona, l'ho appresa proprio da Liedholm. E'un calcio che offre spettacolo, ma se si hanno gli uomini adatti. Con la Primavera mi diverto molto, ma con la prima squadra ci sarebbero problemi».

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

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